IL CLERO E L’APERTURA DELLA LASTRA
Il Sabato, dalla Chiesa dell’Annunziata, prende il via la ‘Processione del clero e delle associazioni cattoliche’ che, presieduta dal Vescovo e proceduta da una croce lignea, si dirige verso il Santuario dove ha luogo uno dei due momenti più toccanti della manifestazione: ‘L’Apertura della Lastra’. Seguendo un cerimoniale complesso e denso di valori simbolici, tre diverse chiavi vengono usate dal Parroco, dal Sindaco e dal più anziano dei componenti dei comitati rionali, per aprire materialmente la porta in vetro che chiude la nicchia ove è riposta la statua della Madonna dell’Assunta. Durante tale momento, tutta la comunità guardiese è raccolta nel Santuario ed attende con forte devozione e commozione il susseguirsi degli attimi che separano il ricongiungimento della ‘madre’ con i propri figli; ricongiungimento che sfocia in un applauso liberatorio.
LA PROCESSIONE GENERALE
La mattina della domenica, celebrata una messa solenne, prende avvio dalla Basilica Santuario la processione generale. Preceduto dai ‘campanelli’, apre il corteo processionale lo Stendardo del Rione Croce seguito dai vari misteri, l’ultimo dei quali è ‘San Girolamo Penitente’ che anticipa l’uscita dei battenti. Questi, riuniti in silenzio e in preghiera davanti all’immagine dell’Assunta, al grido ‘Fratelli, in nome di Maria, con forza e coraggio, battetevi!!!’, all’unisono cominciano a colpirsi il petto e camminando a ritroso, sempre con lo sguardo verso la statua dell’Assunta, escono dal Santuario, disponendosi in una doppia fila. Incappucciati e vestiti con un lungo saio bianco, modificato ed aperto sul davanti, i Battenti reggono nella mano sinistra un crocifisso con l’immaginetta dell’Assunta, e con la destra si battono il petto con la ‘spugnetta‘.
Seguono gli altri cortei rionali e quando l’ultimo mistero del Rione Piazza si è composto sul sagrato, la statua dell’Assunta è portata fuori la chiesa dai sacerdoti che la consegnano al popolo. Nel momento in cui c’è il passaggio di braccia e la Madonna varca l’uscita dal Santuario, in tutto il paese risuona un colpo di mortaretto. In quel momento tutto si ferma ed il popolo, distribuito ormai in ogni angolo del paese, si inginocchia in segno di devozione ed è pronto ad accoglie l’arrivo della loro Madre.
Nei pressi della Basilica di S. Sebastiano, avviene il momento toccante dell’intera manifestazione: ‘l’incontro dei Battenti con la Vergine Assunta’. Qui la Madonna viene fatta stazionare al margine della piazza per ricevere l’offerta penitenziale di ciascun battente che, aumentando il ritmo dei colpi, si inginocchia e sfila ai suoi piedi per poi riprendere il corteo processionale. Corteo che per altre ore percorrerà le vie del paese prima che la Vergine Assunta giunga nuovamente in Chiesa chiudendo definitivamente la Processione Generale.
LA CHIUSURA DELLE LASTRE
Una volta fatto ritorno nel Santuario la Statua della Vergine Assunta resta esposta ai fedeli, che la vegliano notte e giorno, per due settimane. Al termine del periodo di contemplazione (10 settembre 2017), con una piccola, intensa e particolarissima processione, che si svolge sul piazzale del Santuario, si chiamano ‘ufficialmente’ i Riti. Le peculiarità di questo giorno sono due: la partecipazione è esclusivamente riservata allapopolazione residente e la statua dell’Assunta è fatta sostare a metà percorso, dinanzi all’abitazione di una guardiese che in tempi remoti ha ricevuto la ‘grazia’ e da allora gli eredi hanno la possibilità di vivere un momento di intima venerazione con la Madonna.
Passeranno altri sette anni prima di poterla ritrovare. L’unica grande certezza per ogni guardiese rimarrà la promessa di quell’appuntamento. Ancora lì, insieme, tra sette anni, ad accogliere con gioia e rinnovata fede il ritorno della Madre.
LA CADENZA SETTENNALE: SIGNIFICATO SIMBOLICO DEL NUMERO SETTE
Sebbene il Settennale sia particolarmente atteso, dal popolo guardiese, in pochi sanno il perché di questo intervallo di tempo. Perché proprio sette anni? Perché deve passare tutto questo tempo per i Riti di Penitenza?
Trovare una risposta esaustiva a questi interrogativi non è facile. Ciò comporta, infatti, un viaggio temporale nel passato fino a raggiungere le antiche origini del Cristianesimo se non ad un periodo addirittura precedente.
Secondo la tradizione religiosa, il ‘sette’ è un numero benedetto, sacro. Sette, infatti, sono i doni dello Spirito Santo, i Sacramenti, i Peccati Capitali, così come le Virtù. La sua più grande importanza, tuttavia, viene attribuita al settimo giorno, giorno che Dio dedicò ‘al riposo’, la cui lettura in chiave metaforica rappresenta la chiusura di un ciclo. Tale lettura rimanda ad un passo dell’Apocalisse in cui si legge: ‘…si attendono 7 angeli che suoneranno 7 trombe, il tutto dopo aver violato i 7 sigilli apposti sul libro’.
Inoltre, il numero sette, mantiene un forte valore simbolico anche nelle antiche popolazioni semitiche, dove quest’ultimo aiutava a scandire il tempo: ogni fase lunare dura sette giorni, e all’epoca il calendario era basato sui cicli della luna. Insomma, parliamo sempre di cicli!
Concludendo quindi il settennale richiama il settimo giorno, ossia il numero di giorni che servirono a Dio per creare la Terra, e che, stando ai 10 Comandamenti, è importante per il fatto che chiude un ciclo e, come tale, va onorato e celebrato. L’importanza del numero sette, per i Riti Penitenziali Guardiesi, dunque e la conseguente scadenza settennale è stata introdotta nell’immediato dopoguerra.
Pur non potendo determinare con certezza l’inizio dei ‘Riti’, da fonti storiche (‘Riti di penitenza e di propiziazione da un inedito manoscritto del XVIII sec.’ Di Giovanni Giordano – Edizioni Centro Culturale Sannitica,1981) si evince che questi Riti nacquero come processioni imprecatorie in casi di calamità naturali, carestie, fame, guerre o pestilenza e che, dal XVIII e XIX secolo, 23 furono i Riti per implorare la pioggia, 2 per ottenere il sereno e 4 per allontanare le carestie e la peste.
L’IMPORTANZA DELL’ANONIMATO E IL VALORE DEL SANGUE.
Un secondo interrogativo che nasce in capo all’osservatore esterno è la presenza del penitente (guardiese o non) che indossa un saio bianco e copre il volto con un cappuccio. Perché proprio un saio bianco? Perché l’anonimato?
L’anonimato è un aspetto fondamentale e inviolabile, sia per i Flagellanti ma soprattutto per i Battenti, il cui voto di penitenza rimane spesso sconosciuto agli stessi familiari. Anche in questo caso non esiste una data certa di inizio, ma la trasmissione di generazione in generazione, unione tra passato e presente.
Il Saio bianco, che rappresenta la voglia di redimersi, liberarsi dal peccato, dalla condizione terrena di sofferenza e di imperfezione, è simbolo di una penitenza, nella sua forma di autoflagellazione, che richiama rispetto particolare e una considerazione speciale. Un rispetto che non deve essere ignorato, vista la complessità e la radicata storicità del fenomeno, senza leggere la penitenza nei suoi aspetti cruenti e/o ‘spettacolari’. Che sia un atto di fede, un voto, oppure un peccato da eliminare, il ‘sangue’, vero protagonista del rito, è l’elemento caratterizzante ed intimo che unisce l’uomo con la propria Madre. ‘Il vero guardiese i Riti se li porta nel sangue!’, scrive Padre Giancarlo Giannasso nella presentazione al Volume di Padre Filippo di Lonardo (2009:5-7) intitolato ‘Festa dell’Assunta Fede, Cultura, Tradizione’.
Sangue che porta con sé due ipotesi interpretative: il sangue come rinascita, da associare alla vita, o l’idea del sangue – penitenza inteso come mortificazione. In entrambi i casi il sangue ‘intenzionalmente versato’ diventa parola mutevole, forte e silenziosa, nascosta ed urlata. Un sangue che conferisce sacralità e continuità tra mondo terreno e mondi divino. I Riti Settennali nella loro interezza, si fanno testimonianza viva di un passato che resta.
Le chiavi alludono da sempre al mistero, all’iniziazione e alla rivelazione. Quanto è custodito sotto chiave ha un valore ed è quindi protetto. E’ proprio questo il compito delle tre chiavi che preservano l’Immagine dell’Assunta. Ma perché proprio tre?
La chiave, nel cristianesimo, assume diverse forme simboliche; principalmente nel testo sacro del Nuovo Testamento è concepito come potere fondamentale per intraprendere un cammino sacro-religioso o iniziatico. Il numero tre, insieme al sette, è il simbolo della completezza. Tre, infatti, sono le persone della Trinità, espressione perfetta della relazione amorosa e ordinata che si esplica dal Padre al Figlio per mezzo dello Spirito Santo.
Analogamente, tale lettura può essere conferita anche al momento dell’apertura della lastra dove appunto le tre chiavi, detenute dal Decano dei Comitati Rionali, dal Parroco e dal Sindaco, rappresentano il mezzo di connessione tra i ‘Figli Penitenti’ e la propria ‘Mamma Celeste’.